Dalla mia esperienza di agonista rompere quella zona di scelte in apertura in cui l’agonista si sente perfettamente a suo agio e sicuro e protetto anche se dovesse giocare una apertura inferiore come il Blackmar-Diemer, porta alla lunga dei vantaggi perché vengono abbattuti dei limiti conoscitivi anche se il rovescio della medaglia è quello che andare a sperimentare porta anche delle sonore sconfitte. Nel 2024 ho sperimentato questi principi giocando con giocatori titolati e scegliendo linee di gioco per me misteriose mai viste. Ad esempio il GM Brick usa la Ragozin contro la partita di donna è siccome è agonista solido dallo stile pulito e lineare alla “Adams” una occhiatina si potrebbe dare, come ho sperimentato con Fulvi. Oppure su 1 e4 perché non giocare 1..e5!? e provare altre situazioni di gioco che non siano quelle tradizionali del proprio repertorio? E’ il caso della mia partita con Calavalle. E una alternativa al classico dragone ce l’abbiamo? Magari il dragone cinese provato con Maldonado dove ho finito con il perdere anche qui in bello stile. Insomma uscire dalla zona di comfort ha vantaggi e svantaggi, ma alla lunga come approccio le sconfitte servono a vedere meglio il quadro generale e a non cristallizzarci verso un piccolo repertorio che potrebbe essere soggetto a preparazione specifica. Giocando tutto si diventa imprevedibili, ma anche vulnerabili a se stessi proprio perché si va incontro a qualcosa che non si conosce. Certo é che se dici a un grunfeldista o a un giocatore di est indiana di passare a 1..d5 contro la partita di donna, un cambiamento epocale di vedute su schemi e situazioni di gioco viene attuato. Sperimentare è un rischio, ma amplia notevolmente i piccoli confini rigidi che ci siamo costruiti per stare bene nel nostro brodo.